La Storia dei Profeti Mamdouh AbdEl-Kawi Dello Russo |
Giuseppe (Yusuf) Giuseppe
(pace su di lui) ebbe una visione, ma il padre Giacobbe gli proibì
di rivelarlo ai fratelli “perché Satana è il nemico
dell’uomo”. “O
padre mio, ho visto in sogno undici stelle il sole e la luna. Li ho
visti prosternarsi davanti a me”, (Giacobbe) disse: “O figlio
mio, non raccontare questo sogno ai tuoi fratelli che certamente
tramerebbero contro di te! In verità Satana è per l’uomo un
nemico evidente”. (Sura
XII, V. 4-5) Ma
i fratelli vennero a sapere di questo sogno e ne furono molto
gelosi. Decisi ad
eliminare Giuseppe chiesero al padre il permesso di portarlo con
loro nel deserto, ma questi rifiutò. Ad un secondo tentativo lo
convinsero. Una
volta soli, nonostante le tante raccomandazioni del padre, che amava
Giuseppe più degli altri figli, i fratelli cominciarono a
maltrattarlo e lo gettarono in un pozzo. I fratelli uccisero un
capriolo e macchiarono di sangue l’abito di Giuseppe. Tornarono
dal padre Giacobbe e dissero che Giuseppe, lasciato in disparte
mentre i fratelli giocavano a rincorrersi, fu
divorato da un lupo, ma Giacobbe non credette a queste
storie. Giuseppe
fu salvato dal pozzo da alcuni egiziani. Fu portato da loro in
Egitto e venduto ad Azìz, tesoriere del Re d’Egitto, sotto
l’insistenza della moglie Ràail (detta Zuleika). La
donna innamorata di Giuseppe tentò in tutti i modi di conquistarlo,
ma Giuseppe non ne voleva sapere, allora la donna esasperata tentò
di strappare la camicia del giovane, in quel momento entrò dalla
porta il marito che in collera con Giuseppe tentò di ucciderlo, ma
il fratello di Azìz gli suggerì di esaminare la camicia, “Se
è strappata sul davanti, il colpevole è Giuseppe, se è rotta
dietro, è Zuleika”. Non
c’era alcun dubbio, la colpevole era la moglie. Tramanda Ibn Abbàs
che Giuseppe desiderò per un attimo Zuleika, ma udì
all’improvviso una voce dal cielo: “O Giuseppe, fornicherai e
sarai come l’uccello a cui cadono le penne e quando si muove per
volare scopre di non averle più?”. Zuleika
organizzò un banchetto ed invitò molte sue amiche che erano
incuriosite dalla bellezza di Giuseppe, appena lo videro, mentre
tagliarono le arance, talmente occupate a contemplarlo si tagliarono
le mani. Tutte gridarono: “Non
è un uomo, è un angelo del cielo!”. Zuleika
vista l’indifferenza di Giuseppe nei suoi confronti lo fece
rinchiudere in prigione, dove il giovane fece amicizia con i
prigionieri, lì, poteva aiutarli, dando il suo affetto ed
interpretando i loro sogni. Giuseppe restò in prigione per altri
sette anni. Il
Re d’Egitto ebbe uno strano sogno, quello delle sette vacche
grasse che le sette vacche magre divoravano e di sette spighe verdi
e di sette spighe
secche nessuno riuscì ad interpretarlo, allora il coppiere si
ricordò di Giuseppe e raccontò del giovane al re, che gli ordinò
di andare subito da lui per chiedergli un’interpretazione: “
Coltiverete per sette anni come è vostra consuetudine. Tutto quello
che avrete raccolto lasciatelo in spiga, eccetto il poco che
consumerete. Verranno poi sette anni di carestia che consumeranno
tutto quello che avrete risparmiato, eccetto quel poco che
conserverete. Dopo di ciò verrà un’annata in cui gli uomini
saranno soccorsi e andranno al frantoio”. (Sura
XII, V. 47/49) Il
Re tenne con sé il Profeta che diventò il suo consigliere e
guardiano dei magazzini di grano e lo associò a sé nella direzione
generale degli affari, poi, dopo la morte di Azìz divenne suo
successore e sposò Zuleika: “Non
è questo meglio di quello che tu volevi?” disse Giuseppe alla
donna. Sostiene Ibn Abbàs che Azìz si chiamasse Qitfìr oppure Iftìr
Ibn Magib (Potifarre). I
dieci fratelli di Giuseppe, andarono in Egitto per fare provviste di
grano, incontrarono Giuseppe, ma non capirono chi fosse, non lo
riconobbero. Si fece raccontare della famiglia e disse a loro che
voleva incontrare l’unico fratello non presente, il più piccolo,
Beniamino. Allora i dieci fratelli andarono dal padre e chiesero di
portare con loro Beniamino, Giacobbe prima disse di no, poi accettò.
Giuseppe incontrò Beniamino e gli confidò che colui che si trovava
davanti non era altri che il fratello Giuseppe, allora chiese al
fratellino di non svelare la sua identità agli altri fratelli,
voleva dare una lezione a tutti loro, prima di svelarsi, di dire chi
fosse. Giuseppe
fece caricare i cammelli dei fratelli con i rifornimenti e mise la
coppa che era un recipiente dove beveva il re e con cui si misurava
il cibo nel sacco di Beniamino. Giuseppe disse: “Colui al quale
viene ritrovata la coppa nel suo sacco, sia fatto schiavo”. Ma non
era la legge del re faraone. Secondo Tabari, Giuseppe disse:
“Quando arriverete da vostro padre, salutatemelo e ditegli: il
sovrano d’Egitto ti chiede di pazientare finché non avrai visto
tuo figlio Giuseppe, cosicché tu sappia che nella terra d’Egitto
vi sono giusti come lui”. Giuseppe
non voleva dare indietro Beniamino agli altri fratelli, che
tornarono come sconfitti dal padre che dal dolore della perdita
anche di questo figlio, perse la vista. I fratelli partirono
nuovamente, portando tutti gli oggetti pregiati che riuscirono a
raccogliere. In cambio rivolevano il fratello Beniamino e il grano.
All’incontro Giuseppe svelò la sua identità, era lui il fratello
scomparso. Dissero:
“Sei proprio tu Giuseppe?”. Disse: “Io sono Giuseppe e questi
è mio fratello. In verità Allah ci ha colmato di favori! Chi è
timorato e paziente, sappia che in verità Allah non trascura di
compensare chi fa il bene”. Dissero “Per Allah, certo Allah ti
ha preferito a noi e certo noi siamo colpevoli”. Disse “Oggi non
subirete nessun rimprovero! Che Allah vi perdoni, Egli è il più
misericordioso dei misericordiosi. Andate con questa mia camicia e
posatela sul viso di mio padre: riacquisterà la vista. Conducetemi
tutta la vostra gente”. (Sura
XII, V. 90/93) Strofinando
sul volto la camicia di Giuseppe ridata al padre, Giacobbe riacquistò
la vista e le forze per viaggiare verso l’Egitto e riabbracciare
il figlio scomparso. Tutti
si inchinarono davanti a Giuseppe, tutta la famiglia, ma solo a
titolo di omaggio non di culto, e allora Giuseppe disse: “Ecco
l’interpretazione della mia antica visione”. “O
mio Signore, mi hai dato qualche potere e mi ha insegnato
l’interpretazione dei sogni. O creatore dei cieli e della terra,
Tu sei il mio patrono, in questa vita come nell’altra. Fammi
morire musulmano e ponimi tra i devoti”. (Sura
XII, V.101) Giacobbe
morì anni dopo essersi riunito a Giuseppe. Il sorriso di Giuseppe
era luminoso, la sua bocca quando parlava, irradiava luce. Il suo
aspetto era quello di Adamo prima della caduta. Era paziente,
spiegava le visioni, i misteri e l’avvenire. Morì a 120 anni e la
sua tomba si trova in Egitto. Fu
chiesto all’Inviato di Allah: “Chi
è stato il migliore degli uomini?”, egli rispose: “Il migliore
degli uomini è stato Giuseppe, figlio di Giacobbe, nipote di
Isacco, pronipote dell’amico di Allah (Abramo)”. –Lo ha
trasmesso Al Bukhari- |
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