La
differenza tra il Corano, gli hadith al-qudsi e gli hadith:
È
importante capire subito questa importante differenza. Per hadith si
intende tutto ciò che viene riportato del Messaggero (SAAS): detti,
azioni e disposizioni o anche le sue abitudini e caratteristiche. Lo
hadith al-qudsi, invece, sono le parole di Allah trasmesse alla
gente con le espressioni del Messaggero (SAAS). Il Corano è la
Parola di Allah rivelata a Muhammad (SAAS), e trasmesse alla gente
riportando fedelmente il contenuto e le espressioni di Allah
l'Altissimo.
La
discesa e la rivelazione:
Durante
la "Notte del Destino" (una delle ultime dieci notti del
mese di ramadan) del 610 d.C. discese tutto il Corano fino alla Bayt
al-'Izza, nel primo cielo. Ecco perché l'Altissimo dice: « È nel
mese di ramadan che abbiamo fatto scendere il Corano» (II:185), e
dice ancora: «Invero lo abbiamo fatto scendere nella notte del Qadr»
(XCVII:1). Nell'arco, poi, di ventitrè anni è stato rivelato a
Muhammad (SAAS), non nell'ordine che noi oggi conosciamo, ma ogni
versetto venne rivelato per dare indicazioni alla comunità
musulmana che in quei ventitrè anni si andava costruendo, seguendo
quindi quelli che era l'ordine degli eventi.
Al-Wahi
(rivelazione, ispirazione):
«Non
è dato all'uomo che Allah parli, se non per ispirazione o da dietro
un velo, o inviando un messaggero che gli riveli, con il Suo
permesso, quel che egli vuole. Egli è altissimo, saggio» (XLII:51).
Ecco presentati in questo versetto i modi attraverso i quali Allah
comunica con i profeti e come ha trasmesso il Corano:
(1)
Per ispirazione: durante il sonno, così come avvenne per Abramo
quando gli si ordinò di sacrificare suo figlio Ismaele (vedi il
versetto XXXVII:102). Muhammad (SAAS) ricevette alcune rivelazioni
del Corano in questo modo; infatti Anas ha riferito che: «Un giorno
il Messaggero di Allah (SAAS) era alla moschea che sonnecchiava poi
alzò la testa sorridendo, e io chiesi: "Cosa ti fa ridere, o
Messaggero di Allah?" Rispose: " È appena scesa su di me
una sura [un capitolo del Corano]; - ed iniziò a leggere - Nel nome
di Allah Clemente, Misericordioso..." la sura al-KawTHar [la
CVIII]» (Muslim).
(2)
Da dietro un velo: come per Mosè sul Sinai e durante l'Isra',
l'ascensione al settimo cielo, di Muhammad (SAAS).
(3)
Inviando un messaggero: attraverso un angelo, cioè. Il Profeta (SAAS)
ha raccontato che questa ispirazione poteva venire come un suono di
un campanello oppure l'Angelo, Gabriele, prendeva forma umana e
dialogava direttamente con lui.
Il
Corano ai tempi del Profeta (SAAS):
Man
mano che i versetti venivano rivelati, i fedeli usavano memorizzarli
o scriverli. La memorizzazione era una cosa consueta agli arabi,
anche perché a Mecca nel periodo dell'avvento dell'Islam solo
diciasette persone sapevano leggere e scrivere. Ci sono alcune
persone che vennero segnalate per la loro puntualità e per la forte
memoria: da 'Abd Allah ibn 'Amru ibn al-'As: «Ho sentito il
Messaggero di Allah (SAAS) dire: "Prendete il Corano da quattro
persone: 'Abd Allah ibn Mas'ud, da Salim [il mawlà di Abu Hudayfa],
da Mu'adh [ibn Jabal] e da Ubayy ibn Ka'b"» (Bukhari 4999). In
altre versioni compaiono altri tre nomi: quello di Zayd ibn Thabit,
di Abu Zayd ibn al-Sakan e di Abu al-Darda'.
Ma
con l'avvento dell'Islam nacquero anche delle scuole e la scrittura
si diffuse, tanto che solo il Profeta (SAAS) ebbe
circa cinquanta segretari ai quali dettava anche il Corano. Allora
non esisteva ancora la carta (che arriverà nel mondo islamico dopo
il 751) per cui si scriveva su pezzi di stoffe, sul cuoio, su pietre
lisce o ossa di animali. Si sa che alcuni Compagni conservarono a
lungo delle proprie copie (mashaf) del Corano, questi sono: 'Ali ibn
Abu Talib, Mu'adh ibn Jabal, Ubayy ibn Ka'b, Zayd ibn Thabit, 'Abd
Allah ibn Mas'ud.
Ai
tempi di Abu Bakr:
Alla
morte di Muhammad (SAAS), Abu Bakr divenne guida della giovane
comunità musulmana e si trovò ad affrontare le rivolte di alcune
tribù arabe, per motivi essenzialmente politici e fiscali. Ma con
la sconfitta della tribù dei Tamim, nella battaglia di Yamama (12°
anno dell'ègira / 633 d.C.), si mise fise a queste rivolte. In
quest'ultima battaglia, però, morirono settanta lettori del Corano
(qurra' - coloro che avevano memorizzato il Corano), e questo
fece preoccupare i Compagni, i quali temevano che si potesse perdere
il Libro Sacro, tanto che 'Umar propose al Califfo di raccogliere
tutti i brani del Corano. La proposta venne accettata da Abu Bakr,
il quale ordinò a Zayd ibn Thabit di preparare una copia completa
del Corano. Zayd ibn Thabit, che fu segretario del Profeta (SAAS) e
che aveva ben memorizzato il Corano e ne possedeva anche una copia
scritta, nello stesso anno ne realizzò una copia ordinata e
completa, proprio perché le copie scritte preesistenti non erano
complete e non sempre rispettavano l'ordine dei capitoli e dei
versetti.
Questa
copia poi fu affidata, alla morte di Abu Bakr, al Califfo 'Umar il
quale la diede a sua volta alla figlia Hafsa, che fu anche moglie
del Messaggero di Allah (SAAS).
Ai
tempi di 'Uthman:
Nel
644, quando 'Uthman ibn 'Affan divenne califfo, l'Islam si era molto
diffuso, l'Impero musulmano si era grandemente espanso e i Compagni
ancora vivi si erano sparpagliati in tutta l'area conquistata che
andava dall'Egitto fino alla Persia e dallo Yemen fino all'Iraq (un
area pari quasi all'Europa!). Ed iniziarono a nascere alcuni errori
nella lettura del Corano tanto che nelle campagne militari in
Armenia e nell'Azerbaigian, dove si incontrarono persone proveniente
dall'Iraq e dalla Siria, Hudayfa ibn al-Yaman -uno dei Compagni che
si era distinto nella conquista dell'Iraq- notò che vi erano molte
letture contrastanti del Corano, e questi contrasti divenivano
motivo di insulti e divisioni nella comunità. Quando il Califfo
venne a sapere da Hudayfa di ciò che stava accadendo volle
istituire una commissione, presieduta da Zayd ibn Thabit, per
redigere una serie di copie del Corano da inviare ai centri
principali e per distruggere tutte quelle copie errate o manchevoli.
In un hadith del Bukhri troviamo che «'Uthman ordinò a Zayd ibn
Thabit, a Sa'd ibn al-'As, ad Abd Allah ibn al-Zubayr ed ad Abd
al-Rahman ibn al-Harith ibn Hisham di produrre dei volumi del
Corano, e gli disse: "Se voi e Zayd bin Thabit siete in
disaccordo su qualcosa dell'arabo, dell'arabo del Corano, allora
scrivetelo nella lingua dei Quraysh, il Corano in verità è stato
rivelato nella loro lingua" e così fecero» (Bukhari 4984).
Dunque all'interno della comunità erano nati contrasti sulla lingua
e il Califfo impose la "lingua" dei Quraysh (in un altro
capitolo vedremo la questione legata alla "lingua", Allah
volendo). Inoltre vi erano delle versioni con delle parole diverse;
ad esempio un passo della copia di Ibn Mas'ud recitava: «E
assolvete al Pellegrinaggio e alla Visita per la Casa [per la Ka'ba]»,
mentre il Corano recita: «E assolvete al Pellegrinaggio e alla
Visita per Allah» (II:196). La commissione composta da i tre
qurayshiti e presieduta da Zayd ottenne da Hafsa la copia preparata
durante il califfato di Abu Bakr, e compilò sei copie del Corano
che inviò a Mecca, in Siria (Sham), nello Yemen, nel Bahrayn, a
Bassora, a Kufa e ne trattennero a Medina una copia. Inoltre essi
adoperarono un nuovo carattere, più semplice e comprensibile, che
comprendeva ventotto lettere (ventinove se si considerano la alif e
la hamza come due lettere distinte), secondo alcuni voluta dallo
stesso Profeta (SAAS).
Nel
terzo secolo dopo l'ègira verranno introdotte, per rendere la
lettura facile ai musulmani non arabi, anche le haraka -le vocali
brevi-, i puntini per meglio distinguere tra loro alcune lettere, le
pause e degli elementi grafici per evidenziare l'inizio di ogni
singola sura e la fine di ogni versetto.
Ordine
dei versetti e delle sure:
Il
Corano si divide in Aya, versetti, che sono una sezione delle Parole
di Allah, ordinate all'interno delle sure, o capitoli. Il Corano è
diviso in centoquattordici sure, la più lunga è la sura al-Baqara
(II) che è divisa in duecentottantasei versetti, mentre le più
brevi sono la sura al-'Asr (CIII), la sura al-Kawthar (CVIII) e la
sura al-Nasr (CX) che sono divise in tre versetti.
L'ordine
dei versetti e dei capitoli che oggi troviamo in qualsiasi copia del
Corano, non rispecchia l'ordine cronologico della rivelazione.
Infatti i primi versetti rivelati sono oggi contenuti nella
novantaseiesima sura, mentre vi sono diversi capitoli che contengono
versetti di periodi diversi, come ad esempio la sura al-Kahf (XVIII)
è stata rivelata in gran parte a Mecca ma i versetti 38 e i
versetti da
83 a
101 sono stati rivelati a Medina.
Allora chi ha ordinato i versetti e i capitoli? Senza alcun dubbio
le aya sono state ordinate all'interno del Corano da Muhammad (SAAS)
su ordine di Jibril (Gabriele), il quale verificò più volte
l'intero testo del Corano. E l'ordine e l'integrità dei versetti,
dopo la morte del Profeta (SAAS), fu sempre rispettata tanto che Ibn
Zubayr (uno dei componenti della commissione per la preparazione di
alcune copie del Corano sotto 'Uthman) racconta: Chiesi a 'Uthman:
«Il versetto del Baqara "E coloro di voi che muoiono lasciando
delle spose" [II:234] ha abolito [nasakhat] un altro versetto,
non lo dobbiamo più riportare?» Rispose: «Lo devi riportare, o
figlio di mio fratello, io non cambierò nulla in questo [del
Corano], neanche la sua disposizione» (Bukhari 4536).
Per
quanto riguarda l'ordine delle sure, l'opinione prevalente è che
sia stato stabilito anch'esso dallo stesso Messaggero di Allah (SAAS).
Ma qualcuno sostiene anche che sia frutto dell'Ijtihad dei Compagni
-un interpretazione autonoma dei Compagni del Profeta (SAAS)-, e
secondo altri in parte si rifà all'ordine del Profeta (SAAS), e in
parte, invece, ai Compagni.
Le
sure meccane e quelle medinesi:
Già
abbiamo parlato di versetti rivelati a Mecca e versetti rivelati a
Medina. Questa divisione è molto importante e ci è di grande
aiuto. Innanzi tutto il sapere dove sia stata rivelato un versetto
ci aiuta a capire il contesto in cui è stato rivelato un versetto e
il perché di certe affermazioni, inoltre i mufassir -gli esegeti-
possono così stabilire quale sia il versetto nasikh (abrogante) e
quale quello mansukh (l'abbrogato); Inoltre ci mostra quale fosse il
modo di portare l'Islam alla gente, quale il modo di fare da'wa;
Infine ci aiuta a ripercorrere, attraverso i versetti coranici, le
fasi della vita del Profeta Muhammad (SAAS).
I
sistemi usati per stabilire se una sura o un versetto sia meccano
oppure medinese sono essenzialmente due:
1)
Al-minhaj al-sama'i: che consiste nel riprendere gli hadith corretti
sul momento e il contesto di una rivelazione trasmessi dai sahaba (i
Compagni che furono presenti alle rivelazioni) o dai Tabi'in (la
generazione successiva che studiٍ presso i sahaba).
2)
Al-minhaJ al-qiyasi al-Ijtihadi: che consiste nel datare un versetto
o una sura grazie alle peculiarità dei versetti meccani o di quelli
medinesi. Per esempio: le sure che aprono con delle lettere, come
"Alif lam mim", "Alif lam ra'" oppure " Ha'
mim" (dette "Lettere spezzate") sono generalmente
meccane (fanno eccezione al-Baqara, Al 'Imran e probabilmente al-Ra'd);
e sono meccane le sure che hanno una saJda (una prosternazione
durante la lettura); tutte quelle sure, invece, nelle quali si
ricordano gli ipocriti sono medinesi.
I
sistemi per dividere le sure tra meccane e medinesi sono tre: 1) In
base al periodo in cui è stato rivelata una sura: prima dell'egira
sono meccane e dopo l'egira sono medinesi; 2) In base al luogo in
cui è stata rivelata: saranno meccane le sure che sono state
rivelate a Mecca e nei dintorni (quindi anche a Munà, 'Arafat e
al-Hudaybiya) e saranno medinesi se rivelate a Medina e nei dintorni
(quindi anche Uhud e Quba'). E i versetti rivelati lontano da queste
due città (per esempio a Gerusalemme o Tabuk) saranno classificati
come meccani, così come i versetti rivelati dopo la Conquista di
Mecca. 3) In base alla gente alla quale si rivolge: se un versetto
si rivolge ai politeisti meccani o se si rivolge alle genti di
Medina.
La
lingua del Corano:
Il
Corano è stato rivelato senza alcun dubbio in lingua araba, infatti
Allah l'Altissimo dice: è disceso... «In lingua araba esplicita»
(XXVI:195); «Gli rivelammo un Corano in arabo affinché
comprendiate» (XII:2). A questo punto però il Tabari si chiede: «Se
ciò è corretto alla luce di queste prove, in quale lingua araba è
stato rivelato? La parola "arabo" racchiude un insieme di
nomi di arabi, i quali avevano differenti lingue avevano una diversa
pronuncia e diverse parole». Infatti non esisteva un unico arabo,
ma esistevano diverse "lingue arabe" (dialetti)
all'interno della Penisola araba. Allora c'è da chiedersi, così
come ha fatto il Tabari, in quale lingua è stato rivelato il
Corano, nella lingua dei Quraysh di Mecca o in quella dello Yemen, o
in un altra lingua della Penisola araba.
'Umar
bin al-Khattab ha detto: «Ho sentito Hisham ibn Hakim leggere la
sura al-Furqan quando il Messaggero di Allah (SAAS) era in vita, e
ascoltavo la sua lettura, quando però lesse molte lettere [huruf]
che non mi aveva letto il Messaggero di Allah (SAAS), stavo per
afferrarlo durante la salat, ma mi trattenni finché salutò [finché
non concluse la preghiera], lo strinsi con i suoi vestiti, e dissi:
"Chi ti ha recitato questa sura che ti ho sentito
recitare?" Rispose: "Me l'ha recitata il Messaggero di
Allah (SAAS)". Dissi: "Hai mentito, il Messaggero di Allah
(SAAS) me l'ha recitata in modo diverso da come la reciti tu".
Lo liberai per condurlo da Messaggero di Allah (SAAS), e dissi:
"Ho sentito questo qua recitare la sura del Furqan con delle
lettere che non hai recitato a me". Disse il Messaggero di
Allah (SAAS): "Fammelo venire... Recita Hisham!". Lesse
nello stesso modo che io avevo sentito, e poi il Messaggero di Allah
(SAAS) disse: "Così è stato rivelato". Poi disse:
"Recita 'Umar!" Recitai nel modo nel quale mi è stato
recitato. Infine disse il Messagero di Allah (SAAS): "Così è
stato rivelato; In verità questo Corano è stato recitato in sette
lettere, recitate dunque nel modo che vi è più facile"». (Bukhari
4991, Muslim, Abu Daud, Nisa'i, Tirmidhi e Ahmad). Secondo molti dei
più autorevoli sapienti musulmani le "sette lettere" di
cui ha parlato il Profeta (SAAS) non sarebbero altro che i sette
dialetti arabi pricipali. «Il Corano è stato rivelato il sette
lingue» -come dice Ibn 'Abbas- ma con un unico significato; le
lingue sarebbero quelle dei Quraysh, degli Hudayl, dei Äaqif (o dei
Rabi'a), degli Hawazin, dei Kinana (o degli al-Azn), dei Tamim, o
quella Yemenita (o dei Sa'd ibn Bakr). Questo significa per alcuni
che il Corano contenga diversi brani rivelati in diversi dialetti,
ma per altri invece significa che l'intero Corano sia stato rivelato
sette volte in sette lingue diverse, tant'è vero che il Messaggero
di Allah (SAAS) ha detto: «Disse Jibril: "Leggi il Corano in
una lettera [harf]". Disse Mika'il: "Chiedine di più
-continuò dicendo- in due..." finché raggiunse sei o sette
lettere, e disse: "Tutte sono esaurienti e sufficienti".
Non sostituisce un versetto sulla punizione con un versetto sulla
benedizione, né sostituisce un versetto sulla benedizione con un
versetto sulla punizione» (riportata dal Tabari).
Ma
qual è stata l'utilità di rivelare il Corano in sette lingue
diverse nella pronuncia e in alcune parole ma con un medesimo
significato? La prima necessità era quella di facilitarne
l'apprensione e la lettura a tutti gli arabi della Penisola; infatti
vediamo in un hadith trasmesso da Ubayy: «Il Messaggero di Allah (SAAS)
incontrò Jibril a Ahjar al-Mara' [nei pressi di Quba'] e disse:
"Sono stato inviato ad un popolo di ignoranti, tra loro ci sono
bambini, servi e vecchi decrepiti e anziani". Rispose Jibril:
"Leggete allora il Corano in sette lingue [sette lettere]"»
(Ahmad, Abu Daud e Tirmidhi). Poi il Corano è stato il maggior
segno e miracolo della missione profetica di Muhammad (SAAS), e il
fatto di averlo rivelato in diverse lingue è un ulteriore prova e
segno della sua provenienza divina.
Il
testo unico che 'Uthman fece redigere, ed è quello che ci è
giunto, è il testo sul quale i Compagni del Profeta hanno raggiunto
un accordo. Ecco perché la conclusione alla quale sono arrivati gli
orientalisti è quella che il linguaggio coranico si divida tra la
koinè (una lingua comune) poetica e il dialetto meccano, o, meglio,
una variante meccana del linguaggio letterale.
Letture
e lettori:
Un
discorso diverso deve essere affrontato per ciò che riguarda i
lettori e le diverse letture del Corano. Infatti le differenze tra
le letture è da ricercare nelle diverse scuole che si sono
costituite circa due secoli dopo l'egira nei diversi centri
culturali dell'Impero islamico. Nacquero almeno sette scuole tra
Medina, Kufa, Mecca, Bassora e la Siria sulle quali si basano
quattordici versioni differenti. Le più diffuse oggi nelle moschee
d'Italia sono senza dubbio la versione di Warsh (m. 197 h) che si
basa su Nafi' ibn 'Abd al-Rahman di Medina (m. 169 h) e quella di
Hafs (morto attorno al 190 h) basata su quella di 'Asim ibn al-Najud
di Kufa (m. 127 h).
Le
differenze sostanziali tra le varie letture consistono in alcune
regole di lettura salmodiata (tajwid), ed a volte nella
vocalizzazione di alcune parole e nella divisione in versetti.
Al-Nasikh
e al-Mansukh:
Allah
ha inviato numerosi profeti e inviati all'umanità, ma il credo
islamico attraverso i millenni non ha conosciuto alcun cambiamento:
«Non inviammo prima di te nessun messaggero senza rivelargli che
non c'è altra divinità che Me, allora adorateMi» (XXI:25). La
stessa cosa non è avvenuta per la Legge, ovvero tutte le norme che
regolano la società e le pratiche religiose, anche se hanno sempre
concordato nei principi. Questo è avvenuto perché man mano che si
sviluppavano e cambiavano le società umane avevano bisogno di
diversi modelli da seguire. Anche gli anni, in cui è stato rivelato
il Corano, hanno visto la crescita e lo sviluppo della comunità
musulmana. Nei primi anni si trattava di organizzare un piccolo
gruppo che non costituivano una vera e propria comunità, e il loro
scopo era esclusivamente religioso. Con il crescere della comunità
con la predicazione pubblica e con l'emigrazione a Medina nacque una
vera e propria comunità che aveva bisogno di norme che regolassero
la vita sociale, politica ed economica che tenessero però conto che
bisognava affrontare un periodo di transizione tra le regole tribali
e pagane degli arabi pre-islamici e l'ordinamento definitivo
dell'Islam. Ecco perché troviamo nella Sunna e nel Corano delle
norme che sono state abbrogate, dette mansukh, da altre che
cronologicamente successive, dette nasikh (abbroganti). Abbiamo il
caso che versetti del Corano possano essere abrogati da altri
versetti del Corano, ma anche la possibilità che versetti del
Corano possano essere abrogati dalla Sunna. Quest'ultimo caso è
possibile per l'Imam Malik, Ahmad e Abu Hanifa perchè la Sunna è
da considerare sempre come wahi in base al versetto: «E neppure
parla a vanvera: non è altro che una rivelazione ispirata» (LIII:3-4).
Perٍ per l'Imam Shafi'i e per Ahmad (in un altra versione) la
cosa non è possibile per il versetto che dice: «Non abroghiamo un
versetto né te lo facciamo dimenticare, senza dartene uno migliore
o uguale» (II:106), e poi perché la Sunna non è superiore al
Corano. Vi sono casi poi che la Sunna fosse abrogata dal Corano o
che la Sunna fosse abrogata dalla stessa Sunna: più precisamente un
singolo hadith puٍ abrogarne un altro, più hadith possono
abrogarne uno e più hadith possono abrogarne altri, ma un singolo
non puٍ abrogare più hadith.
Adesso per maggiore chiarezza facciamo qualche esempio di versetti
coranici che sono stati abbrogati da versetti rivelati
successivamente. «Ti chiedono del combattere nel mese sacro: Di':
"Combattere in questo [mese] è un grande [offesa]"» (II:217):
questo versetto (mansukh) parla del divieto di combattere nel mese
lunare di rajab, ed è stato abbrogato dal seguente versetto (nasikh)
che da la possibilità di combattere anche nei mesi sacri: «Quattro
di loro sono sacri. Questa è la Religione retta. In questi mesi non
opprimete voi stessi, ma combattete tutti assieme i miscredenti come
essi vi combattono tutti assieme» (IX:36).
«Quelli
di voi che moriranno lasciando delle mogli, [facciano] testamento a
loro favore, assegnando loro un anno di mantenimento e di residenza»
(II:240): le prescrizioni relative al lutto delle donne di questo
versetto (mansukh) sono state sostituite dal seguente (nasikh): «E
coloro di voi che muoiono lasciando delle spose, queste devono
osservare un ritiro di quattro mesi e dieci [giorni]» (II:234).
Traduzioni
del Corano:
Abbiamo
avuto modo di sottolineare che il Corano è stato rivelato in lingua
araba, ma questo non significa che sia una rivelazione diretta solo
ai popoli arabi. Anzi, l'Altissimo ha detto: «Di': "Uomini, io
sono un Messaggero di Allah inviato a voi tutti da Colui al Quale
appartiene la sovranità dei cieli e della terra"» (VII:158) e
ha detto ancora: «Non ti abbiamo inviato se non come nunzio e
ammonitore per tutta l'umanità» (XXXIV:28). Però non tutti
leggono e comprendono l'arabo. Ed è per questo che già nel I
secolo dell'ègira abbiamo una traduzione in siriaco fatta da non
musulmani. Le prime traduzioni in lingue di popoli musulmani sono
quella in berbero dell'anno 127 dell'egira, quella in persiano del
255 e in hindi del
270. In
Europa la prima traduzione del Corano fu quella in latino preparata
da Robertus Ketenensis per Pietro il Venerabile, abate di Cluny
(monastero benedettino fondato nel 910).
La traduzione del Corano nell'Islam è permessa per far avvicinare
un nuovo fedele alla dottrina islamica. Ma una traduzione riporterà
solo quello che è il significato generale di certi versetti o sarà
limitata solo ad una singola interpretazione che l'autore della
traduzione ha scelto, e non potrà mai rispettare la ricchezza
semantica delle parole, lo stile e alcune raffinatezze linguistiche
che costituiscono un pilastro del Corano ed uno dei suoi miracoli.
Dunque possiamo dire con sicurezza che la traduzione del Corano non
è il Corano. A prova di ciò c'è il fatto che secondo la
maggioranza dei sapienti musulmani è vietato leggere durante la
preghiera il Corano in un altra lingua anche per coloro che sono
incapaci di imparare l'arabo o particolarmente anziani. Questo
proprio perché il Corano non è solo il significato che gli si può
attribuire, ma è anche l'ordine delle parole e le parole stesse
usate. Solo la scuola hanafita ha permesso la lettura del Corano in
un altra lingua per gli anziani e per coloro che sono incapaci di
imparare l'arabo.
Ma si tenga comunque presente che lo sforzarsi per imparare la
lingua coranica è un obbligo religioso. A questo proposito Shaykh
al-Islam Ibn Taymiyya ha detto: «Anche la stessa lingua araba è
parte della religione, così come la sua conoscenza è un obbligo
inalienabile [fard wajib], questo perché comprendere il Libro e la
Sunna è un obbligo, e non li si comprendono se non con la
comprensione della lingua araba, e non si completano gli obblighi
senza di essa per questo dunque è obbligatoria».
L'esegesi
del Corano (Tafsir e Ta'wil):
Quando
il Profeta (SAAS) era in vita era lui stesso a spiegare il testo, e
a mostrare come si dovevano mettere in pratica le norme dettate
dall'Altissimo. Nel Corano infatti troviamo: «E su di te abbiamo
fatto scendere il Ricordo [il Corano], affinché tu spieghi agli
uomini ciٍ che è stato loro rivelato e affinché possano
riflettervi» (XVI:44).
I sahaba avevano vissuto con il Messaggero di Allah (SAAS) e
conoscevano bene la lingua araba, e qualora avevano delle incertezze
o non conoscevano il significato delle parole le potevano sempre
apprendere dalla gente, che parlavano la lingua del Corano. Ad
esempio Ibn 'Abbas disse: «Non conoscevo il significato di Fatir
al-Samawat wa al-Ard [l'Iniziatore dei cieli e della terra] fino a
quando non incontrai due beduini che litigavano per un pozzo e disse
uno di loro: "Io l'ho iniziato [fatartu]" e l'altro:
"Sono io che l'ho iniziato [ ibtada'tu]"».
I
Tabi'in studiarono presso le scuole che costruirono i sahaba, e da
loro appresero le sfumature della lingua e l'interpretazione. A
Mecca, per esempio c'era Ibn 'Abbas con i suoi studenti come Mujahid,
a Medina insegnava Ubayy ibn Ka'b, in Iraq c'era Ibn Mas'ud con i
suoi alunni come Qatada e al-Hasan al-Basri.
E noi? Noi non abbiamo conosciuto i sahaba né tanto meno il Profeta
(SAAS), come possiamo capire il Corano? Innanzi tutto non dobbiamo
assolutamente basarci sulle nostre opinioni personali, infatti dice
l'Altissimo: «Non seguire ciò di cui non hai conoscenza alcuna» (XVII:36),
e ha detto il Messaggero di Allah (SAAS): «Colui che esprime sul
Corano la propria opinione o [dice] ciò che non conosce, occuperà
un posto all'Inferno» (al-Tirmidhi, al-Nisa'i e Abu Dawud). Molti
hanno la presunzione di poter interpretare il Corano a modo loro, ma
come abbiamo visto è qualcosa di profondamente scorretto e vi sono
delle condizioni molto precise che bisogna rispettare per poter
commentare il Corano: Bisogna conoscere ed avere padronanza delle
basi dell'Islam e del suo credo; Non si deve avere l'intenzione di
favorire una corrente politica e di pensiero in particolare,
altrimenti si rischia di essere faziosi e devianti; Bisogna
conoscere l'arabo (il commento, o anche uno studio approfondito del
Testo non si puٍ fare su di una traduzione); Bisogna conoscere
i principi delle scienze contenute nel Corano. Inoltre le fonti
della nostra esegesi vanno ricercate innanzi tutto nei versetti
dello stesso Corano che spiegano altri brani del Corano; Bisogna
ricercare poi delle spiegazioni nella Sunna; E qualora non troviamo
un aiuto in altri brani del Corano, nella Sunna dobbiamo ricercare
la spiegazione nelle parole dei sahaba oppure nelle parole dei Tabi'in
(la generazione che ha conosciuto i sahaba).