I Pilastri dell'Islam A cura di AbdulJalil Randellini |
L'Imposta Coranica Tasse statali Il Corano non ha invece promulgato
e fissato delle direttive per le entrate dello Stato e per la sua
politica economica. Nel rispetto scrupoloso della pratica del
Profeta e dei suoi successori immediati, il silenzio del Corano è
interpretato come una possibilità lasciata ai governanti di fissare
delle regole per le proprie entrate, secondo le circostanze. Queste
devono essere assolutamente separate e sganciate dall’Imposta
coranica vera e propria, e dagli scopi che essa si prefigge,
consentendo quindi agli stati di legiferare in proposito alle
entrate erariali, tenendo costantemente presente l’interesse
principale della collettività. Ai tempi del Profeta, la dogana
prelevava, ad esempio, la decima sui prodotti che vi transitavano, a
titolo dei diritti d’importazione, ma è interessante notare che
il califfo Omar ridusse questa tassa della metà per certe categorie
di derrate che erano destinate a Medina. Quest’autorevole
precedente storico chiarisce la flessibilità dei principi della
politica finanziaria islamica. A quel tempo, si tassavano le
mandrie d’ovini, bovini e cammelli, meno quelli che si nutrivano
sui pascoli pubblici, sempre tenendo conto di un’entrata minima
esonerata dall’imposta. Erano pure esonerati dalla tassazione gli
animali utilizzati per il trasporto, i lavori agricoli e
l’irrigazione. Un’imposta statale aggiuntiva del 2,5% sull’oro e sull’argento obbligava poi a far fruttare i propri beni, a non ammassarli e tesaurizzarli, e garantiva allo stato delle entrate che dovevano essere impiegate a beneficio della collettività. I Pilastri dell'Islam | Centro Islamico Italiano | Libri Islamici |
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